La testimonianza di:
Andrea Scagliarini

Personalmente, ho iniziato ad occuparmi di blues nel 1976. Siamo a Torino, città curiosa dove tutto è nato, o quasi, e nessuno se ne è mai accorto: la prima lampadina (non di Edison ma di un tizio di Alpignano, prov. di Torino), il cinema italiano, la RAI TV, Fred Buscaglione e naturalmente la prima ITALIAN BLUES FEDERATION. Sì, hai letto bene, era il 1973 e faceva riferimento alla rivista nazionale BLUES POWER curata dal varesotto Gianfranco Scala.
Nel 1975 a Torino arriva Muddy Waters. Io sono presente al concerto per puro caso. "Divertente" fu il mio laconico commento senza sapere che il blues avrebbe cambiato la mia vita. Sarà stato anche un puro caso essere nati il 26 giugno come Big Bill Broonzy? (suonò a Torino nell'immediato dopoguerra al Cinema Teatro Reposi in un concerto per le truppe americane). Il concerto venne trasmesso dalla Rai e in esso si intravede, tra il pubblico, un giovanissimo Dario Lombardo che allora non conoscevo. Per noi, ancora adolescenti, quel concerto televisivo di cui possiedo la registrazione audio divenne un vero cult, un scoperta di una nuova dimensione musicale e qui mi fermo per non scadere nel patetico.
Un altro oggetto di culto fu per me il libro fotografico Blues di Neff e Connor con decine di foto b/n accompagnate da interviste e antesignano di tutti i libri fotografici sul blues, tradotto e pubblicato dall'editore piemontese Priuli & Verlucca, Ivrea 1977.
Che io sappia non c'era molto blues in giro durante quegli anni. Mi vengono in mente i romani Roberto Ciotti e Maurizio Bonini, i veneti Guido Toffoletti e Giorgio Menon o i toscani Fabells Blues Band. Fabio Treves, che conoscerò personalmente molto più avanti, registrava i suoi primi dischi. Ricordo che l'americano Stefan Grossman, chitarrista e autore di numerosi metodi di chitarra Country Blues, che per motivi coniugali visse negli anni '60 in Italia, si stupiva della completa ignoranza degli italiani circa questa musica.
In quegli anni non ci sono locali musicali che non siano discoteche. Le birrerie come luoghi di musica dal vivo non esistono ancora. Per il blues torinese il luogo ideale per suonare sarà per tutti gli anni '80 la Black Cat Tavern. Prima di bruciare misteriosamente e chiudere in via definitiva nel 1994 ha ospitato concerti di artisti italiani e stranieri tra cui Kevin Brown (GB), Hans Blues & Boogie (D) e gli americani Christian Charles, Darrell Mansfield, Deitra Farr ed Eric Engerbretson accompagnati spesso da molti nostri concittadini tra cui il sottoscritto, Dario Lombardo, l'armonicista Sal Bonasoro o il pianista Alberto Marsico. Si studia molto, ci si abbona a Living Blues o a Blues Unlimited, si legge qualcosa su Suono o Il Mucchio Selvaggio e si suona ai festival dell'Unità o nei cinema che dispongono di un palco. I dischi di blues americano, non la paccottiglia del british blues, si trovano con difficoltà e nel mio caso, le armoniche Honher Marine Band mod. 1896 sono un vero miraggio. Io non sono in grado di dire chi abbia suonato blues a Torino negli anni '60 o nei primi anni '70. Forse nessuno. La confusione era tanta e io stesso ho impiegato molto tempo per convincere amici e conoscenti che si poteva suonare l'armonica anche senza scimmiottare John Mayall.
Nel 1978 a Gubbio (PG), a Umbria Jazz, suonano Junior Wells e Buddy Guy. Prima del concerto noto nel back stage tre ragazzotti scontrosi dall'aria vissuta provenienti, mi dicono, dall'hinterland milanese. I tre in realtà suonano ottimo Chicago blues in uno scantinato di Largo Boccioni a Milano. Si chiamano non a caso Mean Mistreaters e, come me, vogliono parlare con gli artisti. Uno dei tre si chiama Antonio Mangiullo, detto Tony, e suona la batteria. Non sa l'inglese ed io gli faccio da interprete tra un riservato Buddy Guy (non avrei mai pensato di diventare amico e armonicista di Phil Guy, fratello minore e chitarrista di Buddy che, inspiegabilmente, a Gubbio nel 1978 non era presente) ed un esuberante Junior Wells.
Quest'ultimo ci invita con tanto di numero di telefono e indirizzo ad andarlo a trovare a Chicago. Io ho solo 17 anni, Tony qualcuno in più. Io dovrò aspettare il 1989, Tony solo poche settimane. Tony Mangiullo parte, va a Chicago, suona ovunque con i migliori tra cui Walter Horton, Jimmy Rogers e Homesick James, cugino del più famoso Elmore. Nel 1979 Homesick James, su precisa raccomandazione di Tony, arriva in Italia a suonare proprio con i Mean Mistreaters. Si tratta, sicuramente, del primo tour di un bluesman di Chicago con una band italiana. Io collaboro con i Mistreaters, suono a Milano, Torino e Cuneo con Homesick, nonostante essi abbiano già un armonicista di nome Giancarlo Crea, il mio vero mentore, ovvero uno dei tre maltrattatori. La fiaba, almeno per Tony si avvera.
Nel frattempo, la madre di Tony, Rosa Mangiullo ha chiuso il negozio di frutta e verdura di Rho (MI) e si è trasferita a Chicago. Lì sposa Homesick James e apre un blues bar nel West Side che ancora oggi esiste, si chiama naturalmente Rosa's, e vi si suona dell'ottimo live blues 7 nites. Nella guida The Jazz and Blues Lover's Guide to the U.S. curata nel 1991 da Christiane Bird, sulla cui copertina campeggia l'insegna del Rosa's Lounge, stralci di questo episodio vengono raccontati dallo stesso Tony all'autrice.
Sebbene non si vivesse a Milano dove erano giunti Cooper Terry o Andy J Forrest e, negli anni '80, Arthur Miles e James Thompson, qualcuno passò anche per Torino.
Nel 1979 un chitarrista/cantante inglese di nome Paul Kelly, da poco residente a Torino, incide per un'etichetta della capitale subalpina un 33 giri di roots rock & roll e blues intitolato Counting Chickens (The Paul Kelly Band, Counting Chickens, MU Rec. UM109). Sebbene non avessi compiuto ancora 18 anni, l'assolo di armonica su Blues with a feeling è opera mia.
Nei primissimi anni '80 vive a Torino Philadelphia Jerry Ricks, genuino interprete di Robert Johnson e della tradizione Delta. Frequentavamo casa sua o ci si trovava a suonare nel negozio di via Nizza del chitarrista Giulio Camarca, uno dei 'vecchi' del jazz italiano. Philadelfia Jerry Ricks, prima di rientrare definitivamente negli States, incide un LP con quest'ultimo di cui purtroppo non ho gli estremi.
Avrei voluto parlare di più di me ma una parte degli anni '80 saranno, per chi scrive, anni di rinuncia alla musica un po' per nausea e un po' per completare quegli studi universitari che, indirettamente, ancora oggi mi consentono di pagare il mutuo, mantenere una Ford SW del 1993 e pagare le lezioni di sci di mia figlia. Riprenderò a suonare in maniera professionale solo nel 1987 e fondare un gruppo di nome Little Red & the Roosters, ma questa è storia recente