La Poesia Profana del Blues:
Finis Tasby in Concerto
Sonar - Colle Val D'Elsa (Si) -10 aprile 2003


Ripensando a "Forest Gump", il capolavoro di Robert Zemeckis, magistralmente interpretato da Tom Hanks, mi torna in mente una delle frasi ricorrenti nel film: non sai mai cosa ti può riservare la vita.
Ed è proprio quello che mi sono ripetuto più volte venerdì 11 aprile, il giorno dopo aver assistito ad un concerto, ad uno spettacolo che credevo sarebbe stato interessante, ma dal quale non mi sarei mai aspettato l'alluvione di emozioni che ha travolto gli argini delle mie certezze e convinzioni in campo musicale.
Il mio interesse per Finis Tasby, cantante sessantatrenne originario di Dallas, risale al non così lontano '98 quando acquistai il suo CD "Jump Children!". Questo personaggio dal carattere introverso e riservato, la cui forte personalità deve spesso scontrarsi con un'innata timidezza, inizia la sua carriera di bluesman dapprima come batterista, poi come bassista, alla corte dei più importanti musicisti americani, fra i quali devo ricordare almeno John Lee Hooker. Il casuale incontro con Lowell Fulson, con il quale resterà per sempre legato da una profonda amicizia, traccia il solco nel quale germoglieranno i semi del blues, annaffiati, curati ed amati anche da un'altra leggenda vivente: Jimmy McCracklin.
Verso la fine degli anni 80 "l'improbabile" svolta nella sua carriera musicale arriva quando decide di cimentarsi a tempo pieno come vocalist, iniziando a cantare un sound tipicamente contemporaneo e west-coast e rivelandosi poi più portato ad eseguire il blues tradizionale.
L'incredibile trio che accompagna il texano nel suo tour italiano è composto da coloro che potrei classificare tra i migliori musicisti "italiani"; ma non è così! I tre che ho trovato sul palco del Sonar appartengono a quella categoria di virtuosi che non possono e non devono essere (e non lo sono!!!) etichettati a causa della nazionalità: ho già scritto, e non mi stancherò mai di ripeterlo, che non dobbiamo assolutamente farci influenzare dai dati anagrafici e che non è necessario nascere e vivere negli States per essere veri Bluesmen.
Il batterista ed il tastierista, il carismatico Gio Rossi ed il mago dell'Hammond Alberto Marsico (giunto secondo agli Italian B&B Awards nella categoria Organo - ndr), sono soliti lavorare con alcuni dei miei miti d'oltre oceano con due dei quali, Ms. Dee ed Anthony Paule, nel 2001, in quel di San Francisco, hanno registrato "Hiding in Plain Sight".
Enrico Crivellaro (giunto primo agli Italian B&B Awards nella categoria Chitarra Elettrica - ndr), del quale mi limiterò a ricordare la collaborazione con Janiva Magness in "My Bad Luck Soul", è uno dei migliori chitarristi che abbia mai avuto la fortuna di vedere in azione. Non ritenete azzardato quello che sto dicendo se non lo conoscete; è vero che ho visto B.B. King, Walter Washington, Michael Toles, Tomas Bingham... può sembrare un'eresia, un'esagerazione... ma più semplicemente ognuno di loro usa una tecnica diversa e nella sua Enrico non ha rivali. Mi colpisce e mi stordisce subito nell'intro strumentale con un assolo al quale segue un altrettanto travolgente solo di Hammond; il secondo strumentale prepara il terreno all'ingresso di Mr. Finis Tasby che conquista la platea con la sua timidezza ed i suoi shuffles: "It's a mean old world" lascia tutti stupefatti ...e poi la chitarra ...l'Hammond ... Le parole "I was born in Missouri ..." introducono uno slow, anzi un holler, un lamento che esce dalla bocca di Tasby, che continua ...mani in tasca, quasi si vergognasse, a cantare la sua disperazione, a mugolare la sua tristezza.
Crivellaro, che nel frattempo ha sostituito la sua Fender Stratocaster con una Gibson semiacustica, incanta il pubblico con il suo virtuosismo ed un assolo scaturito dal cuore. Dovevate vedere le espressioni e le smorfie! Il sentimento del Blues e l'emozione del momento potevano essere lette sul viso di Crivellaro e su quello di Tasby, affascinato ed incantato dal suo chitarrista. Il volume della chitarra viene improvvisamente abbassato: sento il suono metallico e le vibrazioni delle corde, ma l'amplificatore tace ...magia della prima fila... è rialzato ...l'Hammond stende un tappeto morbido e soffice per la chitarra e per la batteria; Gio Rossi è insuperabile negli stacchi; che spasso, che emozione ...che brividi! Lo slow si spegne sulle parole "...I was born as a good man".
Continuano gli slows: assisto alla più bella versione di "As the years go passing by" che abbia mai sentito: favolosa, toccante! In poche occasioni ho avuto la fortuna di sentire suonare la batteria in questo modo che, con l'organo di Marsico, scorta la chitarra (di nuovo Fender) nell'ennesimo coinvolgente assolo. La voce di Tasby mi affascina, il suo modo di cantare mi commuove e ...mi scopro ad asciugarmi una lacrima.
Ecco "Ah'w baby" di Walter Jacobs, e poi "River's invitation" di Percy Mayfield; e dopo si continua con "Sex on my mind" e "Boogie children". Che spasso! E' trascorsa un'ora e mezza, ma il tempo è volato ... Forte ...fortissimo Rossi; le sue bacchette sono quelle dei maghi, sono sicuramente magiche! Magica è anche l'atmosfera ... ne sono rapito ...siamo tutti rapiti e stragati! Purtroppo è tardi e Mr. Finis lascia il palco, ma è richiamato ... torna e ci saluta con "Sweet home Chicago". Un ultimo strumentale e la serata è purtroppo finita. Sono passati dei giorni, ma continuo a riviverla ... non la dimenticherò facilmente.
Franco Rubegni